Ci sono prove che la vitamina D possa aiutare i pazienti affetti da Covid 19?

Sembra sia così. Un recente studio pubblicato sulla rivista Nutrients i primi di aprile 2020, prova che l’integrazione di vitamina D potrebbe ridurre il rischio di infezione e decessi da COVID-19.

Avete mai bevuto un cucchiaio di olio? Ecco, proverete la medesima sensazione se dovrete assumere la vitamina D in formulazione farmacologica.

I medici di base e i reumatologi la utilizzano spesso, anche se questo pro-ormone ha avuto un picco di prescrizione solo negli ultimi dieci anni.

Prima, nessun medico ne prescriveva la ricerca dei valori nell’organismo tramite gli esami del sangue e di conseguenza ne prescriveva l’assunzione per una eventuale carenza.

Poi, ad un tratto, anche se quel tratto è stato preceduto da numerosi anni di studi clinici, sono arrivate le prime indicazioni di implementazione di vitamina D, fino ad arrivare alla cronaca di questi ultimi mesi, dove la vitamina D l’ha fatta da padrona, associata alla cura e alla prevenzione da infezione da COVID 19.

Ad oggi, vista l’elevata prescrizione da parte del sistema sanitario nazionale, l’agenzia del farmaco ha inserito una nota nella prescrizione di Vitamina D.

Significa che questo composto può essere prescritto in regime mutuabile (gratuitamente) solo per ristrette categorie (ad esempio alle persone che vivono in case di riposo o istituti, alle donne in gravidanza o in allattamento e alle persone con osteoporosi conclamata). Per tutti gli altri, vale la prescrizione da parte del medico, ma bisogna pagare totalmente il prezzo del composto.

Anche se in molti casi la carenza di vitamina D non porta con sé sintomi gravi, livelli adeguati di questo composto nel nostro organismo sono necessari per la salute delle ossa, dei nervi, dei muscoli e del sistema immunitario.

Nella forma attiva, chiamata calcitriolo, la vitamina D stimola infatti l’assorbimento di calcio e fosforo, che mantengono le ossa forti e le proteggono dalla perdita di mineralizzazione tipica dell’età avanzata, oltre a prevenire malattie un tempo molto frequenti come il rachitismo.

Perchè la vitamina D dovrebbe ridurre il rischio di infezioni?

Attraverso diversi meccanismi, che tenterò di spiegare con parole semplici, quel prezioso supplemento che è la vitamina D può ridurre il rischio di infezioni. 

La vitamina D induce la produzione di proteine che possono abbassare i tassi di replicazione virale , quindi è come se aiutasse il nostro organismo a formare dei soldati che bloccano il virus ed evitano che metta su famiglia.

La vitamina D riduce anche le concentrazioni di citochine pro-infiammatorie che producono l’infiammazione che danneggia il rivestimento dei polmoni, portando alla polmonite.

In parole povere, se nel primo caso aiutava a formare dei soldati che difendevano l’organismo, in questo caso distrugge i soldati dei virus, che sono quelli che rovinano i polmoni.

Oltre a queste caratteristiche, le prove a sostegno del ruolo della vitamina D nella riduzione del rischio di COVID-19 sono numerose.

Gli scienziati infatti dicono che l’epidemia di Covid 19 si è verificata in inverno, un momento in cui le concentrazioni di 25-idrossivitamina D (25 (OH) D) sono più basse.

Inoltre si è scoperto che la carenza di vitamina D contribuisce alla sindrome da distress respiratorio acuto, una malattia molto dannosa per i capillari dei polmoni, che si rompono e fanno fuoriuscire liquidi, impedendo al polmone di “respirare” correttamente.

Le statistiche ci dicono che i tassi di mortalità per ogni caso di COVID 19 aumentano con l’età e con la correlazione a malattie croniche, entrambe associate a una concentrazione più bassa di 25 (OH) D. 

Per questo ed altri motivi, spiegati con maggiore dettaglio nell’articolo di Nature, la vitamina D sembra abbia un ruolo importante per la protezione dell’organismo in generale e dei pazienti affetti da Covid 19 in particolare.

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